CAR-T: TRATTAMENTI DISPONIBILI E IN CORSO DI SPERIMENTAZIONE
A cura di: Sara Bertoli¹ e Melania Rivano²
Con la partecipazione di: AG Becchetti, M. Bernecich, S. Costantino, C. De Giorgio, B. Fagotti, E. Ferracane, G. Montagnaro, M. Pucatti e G. Teseo
¹IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
² Ospedale Oncologico Armando Businco, Cagliari
Abstract
Le CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell therapies) sono cellule T umane ingegnerizzate geneticamente per esprimere recettori ricombinanti in grado di riconoscere specifici antigeni sulla superficie di cellule target. Attualmente (marzo 2021) in UE sono state autorizzate tre terapie CAR-T che presentano recettori anti-CD19 utilizzate come terapie di terza linea in onco-ematologia. Due di queste sono rimborsate dal SSN in Italia. Il processo di produzione delle CAR-T prevede la leucaferesi del paziente, ingegnerizzazione genetica delle cellule T, chemioterapia linfodepletiva pre-trattamento e infusione delle CAR-T al paziente. Le tossicità conseguenti alla terapia possono risultare anche letali e richiedono un’attenta valutazione per garantire la stabilità del quadro clinico del paziente. Sono in corso studi per minimizzare gli effetti avversi delle terapie con CAR-T, migliorarne l’efficacia e ampliarne le possibili applicazioni terapeutiche. Nei centri specializzati deputati alla somministrazione delle CAR-T la progettazione e organizzazione dei percorsi necessari per l’ottenimento di un processo di alto livello richiedono l’intervento di un team multidisciplinare nel quale risulta vantaggiosa la presenza del farmacista.
Last Update: 16/05/2021
Introduzione
Le CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell therapies) sono cellule T umane ingegnerizzate geneticamente per esprimere recettori ricombinanti in grado di riconoscere specifici antigeni sulla superficie di cellule target. Le CAR-T rientrano tra le terapie avanzate, nello specifico terapie geniche, in quanto agiscono attraverso l’inserzione di materiale genetico nelle cellule dell’organismo umano. Il paziente rappresenta il provider della materia prima di una terapia che sfrutta il sistema immunitario a scopo terapeutico per riconoscere e distruggere le cellule tumorali.
Prodotti medicinali autorizzati in Europa
Attualmente (marzo 2021) in UE sono state autorizzate tre terapie CAR-T che presentano recettori anti-CD19: tisagenlecleucel (Kymriah), axicabtagene ciloleucel (Yescarta) [1] e brexucabtagene autoleucel (Tecartus) [2]. Sono terapie di terza linea, per pazienti non rispondenti a chemioterapia o in recidiva dopo almeno due linee di chemioterapia.
Kymriah è indicata per il trattamento di pazienti pediatrici e giovani adulti fino a 25 anni di età con LLA (leucemia linfoblastica acuta) a cellule B, mentre Yescarta è indicata nel PMBCL (linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B). Entrambe le terapie sono inoltre indicate per il trattamento di pazienti adulti con DLBCL (linfoma diffuso a grandi cellule B). Tecartus è stato approvato da EMA – European Medicines Agency a dicembre 2020 per il linfoma mantellare recidivante o refrattario. Altre due CAR-T sono attualmente in revisione all’EMA: Idecabtagene vicleucel e lisocabtagene maraleucel per il trattamento rispettivamente di mieloma multiplo ricaduto e refrattario, e di DLBCL ricaduto o refrattario.
CAR è una proteina chimerica composta da tre parti:
- un dominio extracellulare costituito da un frammento variabile a singola catena di un anticorpo monoclonale
- un dominio transmembrana costituito da CD8α
- un dominio intracellulare, CD3ζ deputato alla trasduzione del segnale d’attivazione linfocitaria.
In aggiunta, possono essere presenti uno o più domini (a seconda della generazione d’appartenenza) ad azione co-stimolatoria.
Nelle CAR-T di prima generazione l’efficacia era ridotta perché in assenza del dominio co-stimolatorio la produzione di citochine, l’attivazione e proliferazione cellulare erano limitate e insufficienti per una risposta antitumorale efficace. L’inserimento dei domini co-stimolatori (esempio CD28 o 4-1BB), presenti nelle CAR di seconda generazione, determina una seconda attivazione del segnale che favorisce una maggiore eliminazione delle cellule target. Le CAR-T approvate sono di seconda generazione. I CAR di terza generazione contengono entrambi i domini co-stimolatori, che promuovono la sopravvivenza cellulare e la produzione di citochine [3].
In Italia è stato raggiunto l’accordo per la rimborsabilità da parte del SSN (Servizio Sanitario Nazionale) per le prime due terapie autorizzate. I centri specializzati in ematologia e onco-ematologia in cui si effettuano le infusioni di CAR-T sono identificati dalle Regioni e devono possedere le autorizzazioni e caratteristiche previste per legge:
- la certificazione del Centro Nazionale Trapianti in accordo con le Direttive UE
- l’accreditamento JACIE 7.0 per il trapianto allogenico
- la presenza di un centro di aferesi e di un laboratorio per la criopreservazione con personale qualificato e adeguatamente formato
- la disponibilità di un’unità di terapia intensiva e la presenza di un team multidisciplinare adeguato alla gestione clinica del paziente e delle possibili complicanze.
Il processo di produzione e somministrazione di una terapia CAR-T è costituito da più fasi:
- Prelievo: i linfociti T vengono prelevati dal sangue del paziente e isolati mediante leucaferesi e successivamente congelati e inviati alla struttura che si occuperà dell’ingegnerizzazione genetica
- Ingegnerizzazione genetica: nelle cellule T del paziente viene inserito, attraverso un vettore virale, un gene ricombinante che codifica per il CAR. Grazie a questo recettore chimerico, i linfociti T modificati sono in grado di riconoscere un antigene specifico presente sulla superficie delle cellule tumorali. Il legame provoca attivazione della CAR-T, rilascio di citochine e lisi della cellula tumorale. In seguito, si genera un subset di cellule della memoria, con conseguente persistenza del prodotto a livello sistemico. Le cellule CAR-T vengono moltiplicate in laboratorio, congelate e inviate al centro che dovrà somministrare il trattamento.
- Chemioterapia pre-trattamento: prima dell’infusione il paziente è sottoposto a LC (chemioterapia linfodepletiva) che permette di creare un ambiente favorevole alla proliferazione delle CAR-T eliminando i linfociti Treg (T regolatori), che altrimenti abbatterebbero parte delle CAR-T. La LC prevede generalmente la somministrazione di chemioterapici come ciclofosfamide e fludarabina nel V, IV e II giorno precedente l’infusione di CAR-T. Gli schemi terapeutici sono definiti in maniera precisa dalla scheda tecnica del prodotto medicinale o dal protocollo sperimentale, qualora l’utilizzo avvenga nell’ambito di una sperimentazione clinica.
- Infusione cellule T modificate: Dopo la chemioterapia le cellule CAR-T vengono infuse nel paziente in centri specializzati. Dopo l’infusione il paziente ricoverato viene monitorato per eventuali tossicità al trattamento.
Le tossicità, che possono risultare anche letali, richiedono un’attenta valutazione per garantire la stabilità del quadro clinico del paziente e includono:
- CRS (sindrome di rilascio citochinico)
- neurotossicità
- sindrome da attivazione macrofagica
- aplasia delle cellule B
Sono in corso studi per minimizzare gli effetti avversi delle terapie con CAR-T, migliorarne l’efficacia e ampliarne le possibili applicazioni terapeutiche [4].
Le cellule T infuse vengono attivate mediante il legame con gli antigeni presenti sulle cellule tumorali e rilasciano citochine infiammatorie. La CRS è una tossicità sistemica di attivazione immunitaria generalizzata che si manifesta con febbre, nausea, vomito, mialgia, diarrea, rash, delirio, allucinazioni, coagulopatia, ipotensione e insufficienza multiorgano ed è stata classificata in 5 gradi secondo la Common Terminology Criteria for Adverse Events. La gestione della CRS consiste nella terapia di supporto con antipiretici, idratazione e trasfusioni. Negli stadi più gravi il trattamento prevede la somministrazione di steroidi e/o di anti IL-6 (interleuchina-6), mediatore coinvolto nella patogenesi della CRS, come tocilizumab. Il trattamento previsto per ciascun grado di CRS può variare tra prodotti medicinali o tra protocolli sperimentali, sebbene il grading sia invece universale. Una delle difficoltà nella pratica clinica è la distinzione del quadro clinico di sepsi severa, caratterizzato da febbre e aumento delle citochine seriche, da quello della CRS, soprattutto nelle fasi iniziali. Esami specifici possono essere utili nella differenziazione da un’infezione microbica, come saggi anticorpali e colture microbiologiche.
La tossicità neurologica è un effetto avverso comune correlato alla terapia con CAR-T, la cui patogenesi, non ancora del tutto chiara, è associata alla diffusione di citochine a livello centrale [5]. I sintomi possono essere encefalopatia, tremore, afasia. Generalmente la neurotossicità è autolimitante e reversibile e si accompagna alla CRS. Il trattamento prevede la somministrazione di corticosteroidi ad alto dosaggio, come il metilprednisolone, che presenta buone caratteristiche di penetrazione nel sistema nervoso centrale.
La sindrome da attivazione macrofagica, o linfoistocitosi emofagocitica, può presentarsi in pazienti con CRS anche di basso grado e si manifesta con febbre, splenomegalia, coagulopatia, citopenie, iperferritinemia. Il trattamento è simile a quello previsto per la CRS, con anti IL-6 e corticosteroidi.
L’aplasia delle cellule B può essere una conseguenza della mancata discriminazione da parte delle CAR-T tra le cellule B maligne e sane, per cui si può incorrere in ipogammaglobulinemia trattabile con terapia sostitutiva. Questa tossicità si presenta spesso nei pazienti rispondenti e la persistenza dell’aplasia delle cellule B riflette la persistenza funzionale delle CAR-T in vivo. Nel trial ELIANA l’incidenza di aplasia cell B a sei mesi era dell’83% ed era presente in tutti i pazienti rispondenti alla terapia [6].
Oltre agli effetti avversi già discussi, tipici delle CAR-T, può insorgere una tossicità di tipo on-target/off-tumor: il legame delle CAR-T ad un antigene espresso su una cellula sana, può determinare una risposta immunitaria contro di essa. La specificità antigenica è pertanto un punto cruciale, tuttavia la maggior parte degli antigeni non sono completamente tumore specifici.
Sviluppi futuri delle CAR-T
Recentemente le terapie con CAR-T anti CD-19 si sono mostrate efficaci nel trattamento di tumori ematologici. Altri antigeni superficiali presenti nella maggior parte delle leucemie e linfomi sono considerati potenziali target e oggetto di trial clinici [7]. Nella Tabella 1 si indicano alcuni degli antigeni di interesse attuale.
Neoplasia ematologica |
Possibili target identificati sulla superficie linfocitaria |
Leucemia linfoide acuta |
CD19, CD20 |
Leucemia mieloide acuta |
CD33 |
Leucemia linfoide cronica |
CD19, CD20 |
Linfoma non Hodgkin |
CD10, CD20, CD22, CD23 |
Linfoma di Hodgkin |
CD30 |
Mieloma Multiplo |
CD19, BCMA |
Tabella 1. Alcuni degli antigeni superficiali espressi dalle cellule tumorali di neoplasie ematologiche attualmente in studio come potenziali target delle CAR-T.
In Italia sono attive 11 sperimentazioni con CAR-T su neoplasie ematologiche come mieloma multiplo, leucemia mieloide acuta e cronica, linfomi, ma anche neuroblastoma e altri tumori solidi positivi per il ganglioside-2 [8].
La carenza di specifici antigeni tumorali è una delle sfide da affrontare per evitare di danneggiare tessuti sani. In assenza di antigeni specifici, è possibile avvalersi di “antigeni tumore associati”. La selettività può essere migliorata usando come target diversi antigeni, per esempio attraverso la creazione di CAR-T bispecifiche dirette contro un doppio bersaglio sulla superficie della cellula tumorale. Questo meccanismo permette di ridurre il rischio di sviluppo di resistenza alla terapia [9].
Oltre alla ricerca di nuovi antigeni specifici, la ricerca è indirizzata verso l’implementazione di strategie per evadere i processi di immunosoppressione tumorale, su cui si basano alcuni meccanismi di resistenza alle terapie con CAR-T. Attualmente in sperimentazione viene testata la combinazione delle CAR T anti-CD19 con l’immunoterapia anti-PD-L1 (Programmed Death-Ligand1).
Il trattamento di tumori solidi con le CAR-T presenta numerosi ostacoli da affrontare, tra cui il raggiungimento della sede tumorale. L’infiltrazione è un processo dinamico e complesso che comporta rotolamento, adesione, extravasazione e chemotassi, ed è ostacolata dal microambiente immunosoppressivo tipico del tumore [10] Le cellule tumorali producono citochine, come TGFβ (Transforming growth factor β), ad azione inibitoria sulla risposta antitumorale, che potrebbero essere neutralizzate con anticorpi o small molecules per aumentare la percentuale di infiltrazione e la sopravvivenza delle CAR-T.
Le cellule tumorali sono caratterizzate da una sovra-espressione di ligandi del checkpoint immunitario, come PD-L1, che hanno azione inibitoria sulle CAR-T. Il blocco del checkpoint mediante l’uso di anticorpi monoclonali combinati alla terapia con CAR-T è stato applicato a molti trial clinici ed è in corso di studio [11].
Le cellule dei tumori solidi sono tipicamente eterogenee, e questo condiziona l’efficacia delle immunoterapie poiché il target potrebbe essere limitato solo a una certa popolazione cellulare. Per assolvere alla carenza di antigeni specifici tumorali, una possibilità sarebbe quella di agire sull’affinità di legame delle CAR-T per il target over espresso sulle cellule tumorali. La riduzione dell’affinità recettoriale per antigeni espressi anche su cellule di tessuti sani favorisce il contenimento della tossicità su tali tessuti, in quanto l’antigene è espresso maggiormente sulle cellule tumorali.
È in corso di studio l’utilizzo di iCAR (inhibitory Chimeric Antigen Receptors), recettori inibitori che riconoscono specifici antigeni espressi solo su cellule sane per evitare che queste siano attaccate dalle CAR-T inducendo un segnale negativo e la transizione ad uno stato di quiescenza [12].
Il ruolo del farmacista e obiettivi futuri
Le CAR-T sono classificate come farmaci e perciò rientrano nelle competenze del farmacista, il quale può essere coinvolto nel team multidisciplinare per gestire la fase progettuale e organizzativa dei percorsi. Tra i contributi del farmacista vi sono l’approvazione delle terapie prescritte dal clinico, l’allestimento secondo NBP (Norme di Buona Preparazione) delle LC, la corretta erogazione delle LC nei tempi previsti, la predisposizione dei trattamenti di supporto al paziente nell’attesa della preparazione delle CAR-T e, successivamente, dei trattamenti per la gestione degli effetti avversi. La presenza del farmacista nel team può rivelarsi vantaggiosa, poiché attraverso la validazione delle terapie e la verifica della correttezza dei dosaggi, fornisce supporto ulteriore alla sicurezza del paziente. Inoltre, al momento dell’arrivo delle CAR-T presso il centro, il farmacista è responsabile del controllo della conformità del batch ricevuto, approvazione del prodotto all’azienda e rilascio del prodotto CAR-T in buone condizioni. La realizzazione di percorsi definiti e codificati, il rispetto di tempistiche fondamentali per la riuscita del trattamento e la centralizzazione dell’allestimento chemioterapico comportano un investimento determinante per l’ottenimento di un processo di alto livello. La prospettiva futura è quella di trasferire l’esperienza, ora limitata all’ematologia, a future applicazioni delle CAR-T.
Bibliografia
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