Trattamento nutrizionale della disfagia radio-indotta

A cura di: Giulia Teseo

Abstract

Nei pazienti affetti da tumori del distretto testa-collo le opzioni di cura prevedono chirurgia, chemioterapia, immunoterapia e radioterapia; tutti i trattamenti citati presentano benefici e rischi. La radioterapia, per effetto delle radiazioni ionizzanti sui tessuti sani che inevitabilmente vengono intaccati, ha effetti collaterali più o meno gravi, e tra le varie complicanze che possono verificarsi in seguito al trattamento, la disfagia rappresenta una condizione abbastanza comune e spesso di difficile gestione. Questa complicanza richiede un ben preciso approccio terapeutico e nutrizionale da parte di un team multidisciplinare, necessario per ridurre il rischio di complicanze ad essa associate e migliorare la qualità della vita inevitabilmente compromessa.

L’articolo fornirà una breve trattazione sulle metodiche radioterapiche più comunemente utilizzate per il trattamento dei tumori del distretto testa-collo e sugli effetti indesiderati di tali tecniche, con un’attenzione particolare sulla disfagia, su un’adeguata gestione di quest’ultima e sulle opportunità nutrizionali per i pazienti che ne sono affetti.

Last update: 10/05/2021

Introduzione

I tumori del distretto testa-collo (HNC) costituiscono meno del 5% di tutti i nuovi tumori diagnosticati ogni anno; sono la quinta neoplasia più frequente nella fascia di età tra i 50-69 anni e continuano ad aumentare con l’incremento dell’età.

Queste neoplasie interessano aree come cavo orale, orofaringe, ipofaringe, laringe, rinofaringe, cavità nasali e seni paranasali, coinvolte in importanti funzioni vitali quali ad esempio masticazione, deglutizione e respirazione. A causa della localizzazione del tumore e come conseguenza dei trattamenti ricevuti queste funzioni sono spesso compromesse [1].

Radioterapia nei tumori testa-collo

La sede del tumore influenza le decisioni terapeutiche; questo perché gli HNC possono colpire distretti relativamente piccoli ma essenziali e il trattamento potrebbe compromettere la loro funzionalità oltre all’aspetto fisico del paziente. Le opzioni di cura prevedono l’utilizzo di chirurgia, radioterapia, chemioterapia e immunoterapia, impiegate singolarmente o in associazione a seconda della fase della malattia; tutti i trattamenti citati presentano benefici, rischi e controindicazioni.

Insieme alla chirurgia, la radioterapia (RT) rappresenta una delle principali opzioni di trattamento a intento curativo sia nelle fasi iniziali che in quelle avanzate. Il fine ultimo della RT è l’eradicazione della totalità delle cellule staminali tumorali, con contenimento del danno ai tessuti sani irradiati entro livelli accettabili. Generalmente, rispetto alle cellule normali, le cellule tumorali hanno minori capacità di riparare i danni indotti dalle radiazioni.

Nella radioterapia esterna, le radiazioni ionizzanti ad alta energia (raggi X, raggi gamma emessi da cobalto radioattivo, oppure fasci di particelle come protoni ed elettroni) sono fatte convergere nella sede del tumore da una sorgente situata all’esterno del corpo.  

La radioterapia curativa per gli HNC richiede la somministrazione di alte dosi di radiazioni in genere verso una piccola area tumorale situata vicino a strutture critiche, quali il midollo spinale, il tronco encefalico, le vie ottiche cerebrali, il plesso brachiale, le ghiandole salivari, alcune strutture correlate alla deglutizione e alla laringe. Le moderne tecniche di radioterapia utilizzano sia una RT conformazionale tridimensionale (3D-CRT) che una RT a modulazione di intensità (IMRT), un’evoluzione della prima. Per la loro complessità, queste tecniche sono possibili grazie ad una stretta collaborazione fra radioterapisti e fisici sanitari. Nella 3D-CRT il fascio di radiazioni viene conformato in base alla forma e al volume della massa tumorale, permettendo di utilizzare dosi più elevate di radiazioni orientate in modo più preciso sul tumore, mentre le cellule sane circostanti sono esposte a dosaggi minori. La localizzazione del target è ottenuta attraverso la TC, la RM e la TC/PET, utilizzate singolarmente o insieme, mediante la fusione delle loro immagini.

La IMRT, un’avanzata forma di RT conformazionale, viene effettuata in quasi tutti i centri in Italia e impiega fasci multipli di intensità differenti; questo permette una modulazione dell’intensità del fascio radiogeno in modo da ottimizzare la distribuzione della dose nella massa tumorale; la dose sarà dunque depositata in ogni punto specifico ad un livello differente del tumore, soprattutto nei casi di tumori con morfologia irregolare o in prossimità di organi a rischio, riducendo l’irradiazione involontaria dei tessuti sani circostanti.

L’uso esteso di IMRT a intento curativo nella pratica clinica ha permesso un miglioramento degli esiti oncologici e una riduzione della tossicità legata alle radiazioni. In una metanalisi di 8 studi, che ha analizzato 3.570 pazienti con tumori nasofaringei, Zhang et al. hanno dimostrato che sia la sopravvivenza complessiva a 5 anni che il controllo locale erano migliori nei pazienti trattati con IMRT rispetto a quelli trattati con 3D-CRT [2].

Nonostante i notevoli progressi delle tecniche radioterapiche, anche le più moderne non sono esenti da effetti collaterali sia in acuto che cronici, che possono dunque presentarsi sia durante il trattamento che a distanza di mesi dalla fine di questo. Questi effetti collaterali influenzano negativamente la qualità della vita (QoL) dei pazienti affetti da HNC: ad esempio, l’area cutanea attraverso cui passano i fasci di radiazioni può infiammarsi con conseguente formazione di edemi, arrossamenti, irritazioni. Il danno arrecato alle ghiandole salivari può causare secchezza della fauci (xerostomia) o ispessimento della saliva. Quello alla mucosa di rivestimento del cavo orale e delle prime vie aeree causa mucositi, caratterizzate da gonfiore, dolore e possibile formazione di ulcere. Le radiazioni possono danneggiare anche le papille gustative causando alterazioni nella percezione dei sapori (disgeusia) e alle strutture nervose e muscolari deputate alla deglutizione, con conseguente disfagia.

Gli effetti indesiderati a lungo termine dipendono dall’entità del danno arrecato alle strutture vicine all’area trattata. In alcuni casi, questo danno rallenta la guarigione o risulta irreversibile. Il gonfiore e/o le cicatrici provocati dal trattamento possono causare dolore e disfagia cronica, cambiamenti della voce, alterazioni, anche permanenti, nella percezione dei sapori e conseguente perdita dell’appetito. Sulle mucositi possono instaurarsi stomatiti da candida albicans, di difficile guarigione. La tiroide, uno degli organi più radiosensibili, può venire anch’essa danneggiata essendo situata nella regione anteriore del collo con conseguente minor produzione di ormoni tiroidei. I sintomi iniziali dell’ipotiroidismo si manifestano con stanchezza, stato di debilitazione generale e difficoltà nell’ideazione [3-6].

Disfagia radio-indotta

La disfagia è una condizione caratterizzata dalla difficoltà di passaggio dei cibi e delle bevande dalla bocca fino allo stomaco, dovuta ad un’alterazione di uno o più meccanismi che si verificano durante l’atto della deglutizione, soprattutto nella fase faringea.

Esistono due tipologie di disfagia:

  • disfagia orofaringea: difficoltà ad iniziare la deglutizione e far passare il cibo dall’orofaringe all’esofago;
  • disfagia esofagea: difficoltà nel passaggio del cibo lungo l’esofago [7].

Nei pazienti affetti da neoplasia localmente avanzata del distretto testa-collo, l’alterazione della funzionalità deglutitoria può essere dovuta sia alla patologia oncologica di base (disfagia “Cancer Related”) sia alle conseguenze del trattamento effettuato (disfagia “Treatment Related”). Circa il 40% dei pazienti HNC presenta già all’esordio una disfagia di grado variabile ed il 4% si presenta con una disfagia moderata o severa; le sedi maggiormente associate ad una peggiore funzionalità deglutitoria sono laringe, ipofaringe o baselingua. Nel 50% dei casi i problemi di natura disfagica permangono anche dopo mesi dalla fine del trattamento [8].

Le principali complicanze dovute alla disfagia sono l’aspirazione tracheo-bronchiale (ossia l’aspirazione di parti solide e/o liquide di cibo nelle vie aeree), la polmonite ab ingestis (polmonite da inalazione, causata dall’inalazione di contenuto gastrico nei polmoni), disidratazione e malnutrizione. Quest’ultima ha un impatto negativo sui risultati clinici, in quanto durante il trattamento chemio-radio terapico può essere necessario ridurre le dosi o interrompere il trattamento, con conseguente aumento di morbidità e mortalità.

Pertanto, la presenza di disfagia non causa solo disturbi locali, ma assume inevitabilmente una dimensione sistemica [9].

Approcci terapeutici e nutrizionali

Un’adeguata gestione della disfagia risulta dunque necessaria per ridurre il rischio di complicanze, migliorare la qualità della vita e ridurre i costi ad essa associati. Le linee guida del ministero della salute raccomandano di iniziare un trattamento profilattico per migliorare la deglutizione prima del trattamento radioterapico. I logopedisti possono insegnare cambiamenti posturali e manovre deglutitorie controllate, con lo scopo di proteggere le vie aeree durante la deglutizione. Un esempio per tutti è rappresentato dal deglutire con il capo flesso in avanti (“chin down”) per meglio gestire il bolo nella fase di preparazione orale. Le dosi di radioterapia vanno mantenute nei limiti permessi dall’estensione dei volumi tumorali da trattare per non danneggiare le strutture anatomiche circostanti, che vanno comunque controllate periodicamente. E’ stato stimato che dosi inferiori a 50 Gy sono in grado di rendere la disfagia reversibile nel giro di pochi mesi, quando associate alla riabilitazione [10].

Per valutare la presenza di disfagia e il livello di gravità, il primo step è una valutazione clinica (es.: Three-oz Water Swallow Test) e/o strumentale (es.: videofluorografia digitale), necessarie per stabilire l’integrità delle strutture coinvolte nella deglutizione e il fisiologico funzionamento di faringe, laringe, esofago, stomaco e duodeno durante il passaggio del bolo.

Successivamente deve essere valutato lo stato nutrizionale del paziente per ridurre il rischio di incidenza di malnutrizione tramite un’anamnesi fisiologica e patologica approfondita e un esame obiettivo accurato. Su questa base viene elaborato un piano alimentare specifico per ogni paziente.

È importante che lo stato nutrizionale del paziente non sia valutato solo all’inizio dell’iter diagnostico-terapeutico, ma costantemente seguito durante tutte le fasi terapeutiche, e modulato secondo le condizioni cliniche del singolo paziente per identificare precocemente chi ha bisogno di un supporto nutrizionale specifico, in modo da favorire la sopravvivenza e la risposta alla terapia antitumorale [1].

L’alimentazione deve essere adeguata alla gravità della disfagia; a seconda del grado di difficoltà di deglutizione si possono distinguere quattro gradi di disfagia:

  • Disfagia assente, in cui si ha una corretta deglutizione pertanto non è necessario un supporto nutrizionale.
  • Disfagia lieve, in cui si ha una leggera difficoltà nel deglutire i liquidi ed è perciò richiesto l’uso di addensanti; i sintomi sono estremamente deboli, e richiedono solo di evitare i cibi più difficili da deglutire come quelli di consistenza mista (solido e liquidi insieme).
  • Disfagia media – moderata, in cui si ha difficoltà nel deglutire anche quantità ridotte di liquido che devono perciò essere addensati fino alla consistenza gelatinosa.  La dieta consiste di alimenti finemente tritati, omogenei, ben amalgamati (consistenza purea/ budino) e i liquidi non tollerati richiedono addensante.
  • Disfagia grave, in cui c’è impossibilità di assumere cibo e si deve ricorrere alla nutrizione enterale (EN), indicata per mantenere un adeguato introito energetico, proteico e di micronutrienti, migliorare lo stato nutrizionale, mantenere ed aumentare capacità funzionali e riabilitative e ridurre morbilità e mortalità.

Nei pazienti critici che non siano in grado di assumere alimenti, la terapia nutrizionale di supporto, sotto forma di EN, può essere iniziata entro 24-48 ore dall’ammissione ospedaliera [11].

L’impiego di una NE può essere raccomandata anche nei casi di una disfagia lieve-moderata, quando la quantità di liquidi assunta non è sufficiente a fornire l’apporto idrico necessario (almeno 1,5 litri di acqua al giorno).  Una volta risolta la disidratazione e quando il quadro clinico migliora, si può tentare di garantire gli apporti idrico e nutrizionali modificando la consistenza dei liquidi (additivi gelificanti) e utilizzando alimenti fluidi (purea vegetali, omogeneizzati, budini etc.) Modificare la consistenza dei cibi permette infatti al paziente disfagico di poter mangiare tutti quegli alimenti che altrimenti sarebbero proibiti. In ogni caso, se il paziente che assume alimenti naturali non è in grado di soddisfare completamente le richieste metaboliche, si devono prescrivere supplementi e/o integratori alimentari per sopperire alle carenze [12-14].

Conclusioni

La disfagia rende necessarie alcune modifiche dietetiche e una specifica alimentazione per evitare l’aspirazione del cibo nelle vie respiratorie e fornire adeguate quote nutrizionali per prevenire e/o correggere lo stato di malnutrizione. La scelta della modalità alimentare (nutrizione per OS o artificiale) sarà dunque eseguita sulla base della situazione clinica del paziente.

Per una corretta gestione del paziente disfagico e un adeguato supporto nutrizionale risulta fondamentale un approccio multidisciplinare, che richiede sia nella fase diagnostica sia in quella terapeutica il coinvolgimento un’ampia rete di esperti, costituita da medici specialisti, logopedista, dietista, infermiere, farmacista, psicologo etc., oltre che di strutture e attrezzature dedicate (strumentazione diagnostica, aspiratori, dispositivi, integratori alimentari, etc.).

ll farmacista ospedaliero è il responsabile dell’approvvigionamento, della conservazione, dell’allestimento e della distribuzione dei prodotti necessari per la preparazione e la somministrazione dei nutrienti. Inoltre, collabora con le altre figure professionali sfruttando le proprie competenze farmaceutiche e farmacologiche per prevenire le complicanze correlate all’intervento nutrizionale (es.: identificando le interazioni farmaco-farmaco e farmaco-nutrienti) oltre a suggerire le modalità più idonee per somministrare i farmaci nel paziente disfagico e/o attraverso modifiche di forma farmaceutica nella nutrizione artificiale.

La gestione della disfagia è dunque complessa e costosa e si basa su un’adeguata diagnosi medica e trattamenti precoci, con il fine di prevenire e trattare la malnutrizione, potenziare gli effetti della terapia antitumorale diminuendone gli effetti collaterali e migliorando la qualità della vita del paziente, spesso compromessa [15-16].

 Bibliografia

1. AIOM.Linee guida. Tumori della testa e del collo. [internet]. 2018 [updated 2019 Oct]. Available from:https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2018/11/2018_LG_AIOM_TestaCollo.pdf

2. Zhang B,Mo Z,  Du  W, Wang Y,  Liu L,  Wei Y. Intensity-modulated radiation therapy versus 2D-RT or 3D-CRT for the treatment of nasopharyngeal carcinoma: a systematic review and meta-analysis. Oral Oncol. 2015; 51:1041–1046.

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6. Tumori della testa e del collo: una guida per il paziente. [internet]. Available from:https://www.esmo.org/content/download/78581/1439842/file/ESMO-ACF-Tumori-della-Testa-e-del-Collo-una-Guida-per-il-Paziente.pdf

7. Linee guida per interventi sulla disfagia. [internet]: GISD; Gruppo Italiano di Studio sulla Disfagia. 2004 [updated 2006 Dec]. Availabre from: https://www.gisd-disfagia.it/linee_guida_disfagia_revisione.aspx

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11.  McClave S,  Taylor B,  Martindale G,  Warren M,  Johnson D,  Braunschweig C et al. Guidelines for the Provision and Assessment of Nutrition Support Therapy in the Adult Critically Ill Patient: Society of Critical Care Medicine (SCCM) and American Society for Parenteral and Enteral Nutrition (A.S.P.E.N.). J Parenter Enteral Nutr. 2016; 40(2):159-211

12. Tipi di disfagia e livelli di gravità. [internet]: Nestlé Health Science. Available from:https://www.nestlehealthscience.it/tipi-di-disfagia-e-livelli-di-gravita

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15. Gaita A, Barba L, Calcagno P, Cuccaro A, Grasso M, Pascale O, et al. Il paziente disfagico: manuale per familiari e caregiver. [internet]:Istituto Superiore di Sanità. 2008. Available from: https://www.iss.it/documents/20126/45616/08-38.1232458810.pdf/2d952d3c-85eb-ded7-7917-ef10ec9bbdd4?t=1581094968644

16. Linee guida sulla gestione del paziente disfagico adulto in foniatria e logopedia. [internet]. 2007. Available from: http://www.thinktag.it/system/files/8604/Linee_guida.pdf?1299177274