Nutrizione nel paziente disfagico

A cura di: Debora Severino

AUSL Bologna

 

La disfagia è l’alterazione o compromissione di una o più fasi della deglutizione. “Disfagia”, dal greco “dys (difficoltà) phajein (mangiare)” consiste nell’impedimento o nel rallentamento della progressione di bevande, cibi, saliva attraverso il canale oro-faringo-esofageo dal cavo orale allo stomaco. È una condizione anomala e complessa che può essere causata da una patologia congenita o acquisita, generalmente può essere riconducibile a cause meccaniche (neoplasie, disfunzione degli organi della deglutizione per trauma, ostruzioni, resezione chirurgica, etc.) o neurologiche (lesione della corteccia cerebrale, dei nervi cranici e del midollo allungato). Un disturbo della deglutizione determina spesso disabilità che può condurre ad inappetenza, assunzione alimentare inadeguata, dimagrimento, disidratazione e malnutrizione proteico-calorica, portando tali pazienti ad altri rischi per la loro salute conseguentemente ad uno stato nutrizionale deficitario, come ad esempio: ritardo nella cicatrizzazione delle ferite, maggiore predisposizione alle infezioni e disturbi delle funzioni mentali e fisiche. La conseguenza più temuta e pericolosa di tale disabilità è anche la penetrazione di particelle alimentari liquide o solide nelle vie aree che si associa all’insorgenza di “polmoniti ab ingestis” ed altre infezioni delle vie respiratorie. In base alla situazione clinica, l’apporto calorico ritenuto adeguato dovrebbe essere 1.2-1.5 volte il dispendio energetico a riposo (circa 30-35 kcal/kg/die), valori inferiori devono essere ritenuti a rischio di malnutrizione. Qualora il paziente fosse ancora in grado di alimentarsi naturalmente ed in grado di soddisfare i propri fabbisogni metabolici e nutrizionali, è certamente consigliata l’elaborazione di un piano dietetico personalizzato, che potrà essere rivalutato ed eventualmente modificato anche su base settimanale [1].

 

Last Update: 24/03/2021

 L’attenzione agli aspetti nutrizionali riveste un’importanza notevole per la prevenzione della perdita di peso e della cachessia, pertanto deve essere attuata quanto più precocemente possibile [2]. Alcune revisioni [3-4] dimostrano con chiarezza che il cosiddetto ‘nutritional counseling’, che consiste nel fornire al paziente un supporto professionale e tecnico sulla qualità e quantità di alimenti naturali da consumare, ed un adeguato follow-up nutrizionale, sono in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici, in tutte le fasi della malattia e di influenzare positivamente la prognosi. I pazienti in grado di alimentarsi inseriti in un percorso di nutritional counseling,  indirizzati anche dal farmacista, possono mantenere il peso e una forza muscolare adeguata che possono  considerarsi dei buoni indicatori della qualità di vita. Le sequele gastro-intestinali delle terapie e l’anoressia ad esse associate possono compromettere il soddisfacimento dei fabbisogni nutrizionali nel paziente oncologico anche se è ancora in grado di alimentarsi. L’intervento nutrizionale è, almeno parzialmente, efficace e può migliorare gli esiti clinici in alcuni tipi di cancro (es. Cancro della testa e del collo) o trattamenti (es. Chemioradioterapia) quando c’è un ridotto introito calorico senza essere accompagnato da gravi squilibri metabolici. In tali pazienti, è dimostrato che lo screening nutrizionale insieme ad un intervento nutrizionale appropriato funzionino bene. Il supporto multimodale di una terapia nutrizionale personalizzata in pazienti con anoressia grave e squilibri metabolici importati, può mitigare tali disturbi ma non completamente annullarli [5].

Frequentemente la radioterapia nei tumori della testa collo ed esofago induce mucosite, diminuzione dell’assunzione di cibo e perdita di peso fino all’80%. Diversi Studi randomizzati controllati hanno dimostrato che il counseling nutrizionale personalizzato da parte di un professionista qualificato rispetto alla dieta convenzionale senza educazione alimentare migliori l’apporto nutrizionale, il peso corporeo e la qualità di vita; questo beneficio consente ai pazienti di evitare interruzioni del trattamento e completare la radioterapia pianificata. Tali risultati concordano con dati simili riportati da studi prospettici controllati [6-7] e diverse analisi retrospettive [8-11]. La linea guida della Clinical Oncological Society of Australia raccomanda controlli settimanali da parte di dietologi durante la radioterapia dei tumori della testa e del collo e un follow-up ogni 2 settimane per almeno 6 settimane [11]. Se è necessario un supporto nutrizionale, questo dovrebbe essere iniziato precocemente e se l’apporto energetico è inadeguato si consigliano gli ONS (Supporti Nutrizionali Orali) o alimentazione tramite sonda enterale. Non ci sono evidenze certe sul fatto che i supplementi nutrizionali orali (ONS) o l’alimentazione enterale possano migliorare i risultati clinici senza consulenza nutrizionale individuale.

Nei pazienti con tumori ostruttivi della testa e del collo o dell’esofago e in contesti con prevista mucosite orale o esofagea grave indotta da radiazioni, vi è un alto rischio di perdita di peso, riduzione delle prestazioni fisiche, disidratazione, diminuzione della tolleranza al trattamento e aumento delle interruzioni del trattamento (5). Disfagia o disfunzione della deglutizione sono state riportate nel 30-50% dei pazienti con cancro della testa e del collo trattati con radioterapia (chemio) intensiva. Questi pazienti sono a rischio di polmonite e sepsi e in più del 75% i sintomi non miglioreranno o addirittura peggioreranno nel tempo. Prevedere quali pazienti svilupperanno la disfunzione della deglutizione è complesso e impegnativo e il rischio è influenzato dalla dose di radiazioni, dall’area di trattamento e dalla combinazione con la chemioterapia. Un gruppo di consenso ha recentemente raccomandato la valutazione di tutti i pazienti a rischio di difficoltà di deglutizione prima e durante il trattamento e regolarmente durante il follow-up, e che a tutti i pazienti con disfagia siano prescritti esercizi di deglutizione professionalmente supervisionati. Se è necessaria la nutrizione enterale, i pazienti dovrebbero essere incoraggiati a continuare a deglutire e dovrebbero essere svezzati dalla nutrizione artificiale il più rapidamente e in sicurezza possibile. Probabilmente le gastrostomie endoscopiche percutanee (PEG) sono tollerate più a lungo dei sondini nasogastrici. L’alimentazione tramite sonda enterale è indicata nei casi di grave disfagia e inadeguato apporto energetico. Per ragioni etiche questo non è stato valutato in studi randomizzati. Tuttavia, studi osservazionali prospettici e retrospettivi in ​​pazienti che non assumevano cibo regolarmente a causa della disfagia hanno dimostrato che l’alimentazione enterale rispetto a quella orale riduce la perdita di peso [10-11] e la frequenza e la durata delle interruzioni del trattamento e delle riospedalizzazioni [12]. In situazioni ad alto rischio, ad es. Sede primaria ipofaringea, tumore T4, sesso femminile o radiochemioterapia combinata, l’alimentazione precauzionale mediante sondino (contrariamente all’alimentazione enterale iniziata dopo lo sviluppo di disfagia) può evitare che lo stato di malnutrizione causi l’interruzione del trattamento. Sfortunatamente, c’è solo un RCT di bassa qualità metodologica che supporta questa ipotesi. In 40 pazienti con cancro della testa e del collo sottoposti a radioterapia o radio-chemioterapia, l’inizio precoce dell’alimentazione nasogastrica ha ridotto la perdita di peso rispetto al normale cibo e alimentazione mediante sondino solo se necessario [13]. Diversi studi osservazionali, per lo più retrospettivi, hanno osservato in modo simile un miglioramento del peso corporeo e minori incidenze di ri-ospedalizzazione e interruzioni del trattamento per i pazienti trattati con nutrizione enterale precoce rispetto a quella tardiva o assente.

 

Scelta tra nutrizione enterale e parenterale

La nutrizione enterale può essere impiegata per brevi periodi <30 giorni attraverso sondini nasogastrici o per periodi più lunghi tramite gastrostomia percutanea. Le (PEG) rispetto alle gastrostomie radiologicamente inserite (RIG) sembrano essere associate a un minor rischio di peritonite e mortalità. Il peso corporeo può essere mantenuto in modo simile sia con PEG che con l’alimentazione mediante il sondino nasogastrico. Il rischio di spostamento della gastrostomia è inferiore e la qualità della vita è forse migliore con PEG, mentre i sondini nasogastrici sono associati a una minore disfagia e svezzamento anticipato dopo il completamento della radioterapia. I rischi di polmonite e altre infezioni sono analoghi per entrambi [5].

Nella scelta dell’accesso si deve tener conto:

  • Dello stato clinico generale del paziente e del suo apparato gastroenterico,
  • Il rischio di ab-ingestis che può essere ridotto mediante la scelta oculata di un tipo di accesso rispetto ad un altro, ma nessuna misura si è dimostrata,
  • La durata prevista del trattamento (Figura 1)
  • Valutare la continuità anatomica gastrointestinale l’integrità della parete addominale, che spesso possono fortemente condizionare la scelta dell’accesso ottimale

    Figura 1. Algoritmo per la scelta dell’Accesso enterale (SILLABUS SINPE)

    L’infusione della nutrizione enterale che può esser prepilorica o postpilorica. Teoricamente un’infusione prepilorica dovrebbe prevedere un normale riflesso del vomito e della tosse. L’infusione prepilorica, quindi nello stomaco è più fisiologica, e assicura una migliore digestione poiché sfrutta gli enzimi digestivi e ne assicura una migliore protezione da contaminazioni batteriche. Le tecniche di somministrazione prepilorica possono essere: a bolo, ciclica e continua. L’inizio della terapia deve essere graduale (ad es. partendo da una velocità di 20-40 ml/ora) per valutare la tollerabilità del prodotto e la capacità di svuotamento gastrico. Anche il 60-70% dei pazienti critici tollera l’infusione gastrica. L’infusione postpilorica presuppone una funzionalità gastrointestinale compromessa, o la presenza di ostruzioni piloriche, gastroparesi o reflusso con elevato rischio di aspirazione. Il supporto nutrizionale enterale è un trattamento medico, ma le decisioni su percorso, contenuto e gestione del supporto nutrizionale devono essere intrapresi da un team nutrizionale multidisciplinare. Secondo le linee guida ESPEN, uno stato nutrizionale inadeguato è confermato se i pazienti non possono mangiare per una settimana o se l’apporto energetico è inferiore al 60% del fabbisogno stimato per 1-2 settimane (corrispondente approssimativamente a un apporto energetico giornaliero inferiore a 10 kcal / kg / giorno o un deficit energetico giornaliero di 600-800 kcal / giorno) [6-9]. Si deve presumere una significativa compromissione dello stato nutrizionale se il paziente ha perso > 5% in un mese (≈> 15% in tre mesi) del peso corporeo [14].  

     

    Ruolo del farmacista in questo contesto

    In conclusione, tutti i pazienti sottoposti a radiazioni della regione della testa e del collo dovrebbero ricevere un’accurata valutazione nutrizionale, un’adeguata consulenza nutrizionale e, se necessario, supporto nutrizionale in base ai sintomi e allo stato nutrizionale [15]. L’utilizzo dei preparati per Nutrizione Enterale deve essere fatto secondo la normativa della Comunità Europea ripresa in un Decreto Ministeriale nel 2002. Il regolamento si riferisce a prodotti da impiegare sotto controllo medico nell’alimentazione parziale o completa di pazienti portatori di disturbi alimentari nell’assunzione, digestione, assorbimento, metabolismo, escrezione o per altri particolari motivi clinici. Li equipara a tutti gli effetti ad un farmaco da utilizzare con ricetta medica. L’aggiunta di farmaci alle miscele nutrizionali enterale è fortemente sconsigliata, poiché può comportare un’alterazione della loro biodisponibilità, con il risultato di perdere o potenziare la loro attività. Alcune forme liquide di farmaci possono modificare la forma ionica e il pH della miscela, con il risultato di modificarne la stabilità e la composizione pertanto la manipolazione dei farmaci per l’introduzione attraverso sondino o stomia deve essere effettuata secondo i protocolli d’uso ben documentate che rispettino le condizioni previste dall’art.3 della Legge 94/98 (assunzione di responsabilità da parte del medico, consenso informato del paziente), e con le indicazioni indispensabili del Farmacista.

     

    Bibliografia

    1. Linee guida. A.I.O.M. TRATTAMENTO E PREVENZIONE DELLA CACHESSIA NEOPLASTICA. Edizione 2018
    2. Marín Caro MM, Laviano A, Pichard C. Nutritional intervention and quality of life in adult oncology patients. Clin Nutr. 2007;26:289-301
    3. Ravasco P, Monteiro Grillo I, Camilo M. Cancer wasting and quality of life react to early individualized nutritional counselling! Clin Nutr. 2007;26:7-15.
    4. Strasser F. Eating-related disorders in patients with advanced cancer. Support Care Cancer. 2003;11:11-20.
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    6. The Veterans Affairs Total Parenteral Nutrition Cooperative Study Group Perioperative total parenteral nutrition in surgical patients. N Engl J Med. 1991; 325: 525-532
    7. Bozzetti F, Cozzaglio L, Gavazzi C, Bidoli P, Bonfanti G, Montalto F et al. Nutritional support in patients with cancer of the esophagus: impact on nutritional status, patient compliance to therapy, and survival. 1998; 84: 681-686
    8. Odelli C, Burgess D, Bateman L, Hughes A, Ackland S, Gillies J et al. Nutrition support improves patient outcomes, treatment tolerance and admission characteristics in oesophageal cancer. Clin Oncol R Coll Radiol. 2005; 17: 639-645
    9. Paccagnella A, Morello M, Da Mosto MC, Baruffi C, Marcon ML, Gava AE et al. Early nutritional intervention improves treatment tolerance and outcomes in head and neck cancer patients undergoing concurrent chemoradiotherapy. Support Care Cancer. 2010; 18: 837-845
    10. Tyldesley S, Sheehan F, Munk P, Tsang V, Skarsgard D, Bowman CA et al. The use of radiologically placed gastrostomy tubes in head and neck cancer patients receiving radiotherapy. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 1996; 36: 1205-1209
    11. Lee JH, Machtay M, Unger LD, Weinstein GS, Weber RS, Chalian AA et al. Prophylactic gastrostomy tubes in patients undergoing intensive irradiation for cancer of the head and neck. Arch Otolaryngol Head Neck Surg. 1998; 124: 871-875
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    13. Daly JM et al. Nutritional rehabilitation in patients with advanced head and neck cancer receiving radiation therapy. The American journal of surgery, 1984, 148.4: 514-520.
    14. Bischoff SC et al. ESPEN guideline on home enteral nutrition. Clin Nutr. 2020, 39.1: 5-22.
    15. Isenring E et al. Updated evidence‐based practice guidelines for the nutritional management of patients receiving radiation therapy and/or chemotherapy. Nutrition & Dietetics, 2013, 70.4: 312-324.